Un mare di racconti

Abbiamo realizzato questo splendido cartellone con l'insegnante di Arte e immagine, la prof.ssa SantaMaria
LA CERNIA WILMA
C’era una volta un pescatore di nome Gino, aveva settantadue anni ed era il più vecchio della zona.
Si racconta che fossero già ventisette anni che cercasse di pescare un’enorme cernia che in pochi erano riusciti a vedere e ancora meno avevano tentato di pescare.
Gino non smise mai di provare, a differenza di altri che presto si arresero.
Quando Gino stava per compiere settantatre anni decise di tentare per l’ultima volta; decise di dare al pesce un nome, lo chiamò Wilma, si proprio Wilma, la grandissima cernia.
Il grande pesce portò Gino dove c’erano giganteschi cavalloni perché il vento era di tramontana e faceva rimanere il mare piatto sotto costa ma al largo lo agitava parecchio. La lotta durò fino a mezzanotte e, quando i due erano allo stremo delle forze, si guardarono e si fecero una promessa: Wilma disse che se Gino non avesse più cercato di pescarla si sarebbe tramutata nello scoglio più bello e più grosso di tutta Vernazzola. Gino invece promise che ogni sera si sarebbe seduto su di lei a fumarsi la sua pipa. Sarebbero così rimasti sempre amici. 
Mario Carmagnini

IL GRANCHIO
C’era una volta un animale deforme, un mollusco molle e debole come gelatina. Un giorno lo strano animale decise di diventare forte, così iniziò il suo viaggio  diretto in Africa dove, per puro caso, incontrò un leone.  Appena lo vide gli si rivolse con sicurezza  e con voce acuta: “Mi daresti le tue unghie?”. “E perché?” ribatté il leone, “Avrei fame, il cervo mi è scappato via e tu sei meglio di niente”. “No!” esclamò  l’altro, “Se mi dai quello che ti ho chiesto non perdi nulla di veramente importante, le unghie ricrescono, ed io recupero del cibo che non ti deluderà. Dai, ti prego!” insistette. “Va bene” rispose convinto il leone.
Il mollusco prese le unghie, andò nell’acquario di un suo amico, Giobatta Parodi, un pescatore genovese che si era trasferito da poco in Africa e gli chiese se aveva dei pesci per il leone e se poteva regalargli del Vinavil.
Il granchio tra gli scogli
Il pescatore esaudì i suoi desideri in pochi istanti. Il mollusco portò deliziosi bocconcini al leone che li gustò soddisfatto e tornò in fretta dall’amico. Sul suo cammino però trovò uno scorpione. “Ehi, qui non passa nessuno!” lo aggredì l’animale comodamente seduto su una automobile in miniatura. Il mollusco si arrabbiò tanto da staccargli le chele, il cofano e il bagaglio, quindi attaccò il tutto col Vinavil, compresi i temibili artigli del leone, e formò una meravigliosa armatura che ancora oggi lo protegge: da allora il granchio venne rispettato da tutti e perse il suo aspetto molle e gelatinoso.
Federico Camerini

MARCO E GLI SQUALI
Marco era un vecchio pescatore di Sturla con un carattere mite  e con un grande dono: riusciva a comunicare con i pesci, perciò pescava sia per passione sia per sfamarsi . Catturava solo i pesci che non avevano famiglia e tra questi solo quelli adulti . I pesci per questo gli erano grati e lo rispettavano. L’ unico pesce a cui non importava nulla delle qualità del vecchio era lo squalo. Infatti quest’ ultimo era solito dire: “ Io non mi fido degli uomini perché molti miei amici sono morti a causa loro. Non  credo ci siano uomini buoni”.
Un giorno, mentre Marco era al mercato di Genova, vide un cartello con scritto : “ Gara di pesca allo scoglio dei Mille in memoria di Giuseppe Garibaldi, eroe dei due mondi”. La gara era stata fissata per martedì 15 Agosto e servivano: canna da pesca, barca ed esche.   
Una settimana dopo, il giorno prestabilito, Marco si preparò per uscire in barca, pescare molti pesci e vincere.
Poco dopo arrivarono gli altri pescatori con le barche. Tutti avevano sguardi da marina, tutti tranne uno. Marco incuriosito gli si avvicinò: “Chi sei? Come ti chiami? Perché sei qui?” gli chiese  gentilmente. L’altro rispose: “Sono Ansèlmo Lontaif,  re di Pavia, visconte della Russia, vice re di Norvegia, visir arabo, consigliere generale del re di Francia, re di Oman,Yemen, Pakistan, Afghanistan, Turkmenistan, Uzbzkistan, Kirghizastan e premier Britannico. Sono qui per vincere”.
Marco chiese ad Anselmo: “ Perché ti sei portato i maggiordomi, non lo sai che si pesca da soli?” Questo replicò a bassa voce: “ Li ho portati perché pescano loro al mio posto, eh,eh,eh, così vincerò di sicuro,eh,eh!”.
Prima che Marco potesse ribattere, il direttore disse: “Tutti i pescatori si preparino, tra poco partirete!”.  Quindici minuti dopo il direttore urlò: “Cinque, quattro, tre,due, uno… via si parte!!!”. Dopo un po’, mentre Marco pescava,  vide passare Anselmo sulla sua barca giallo-oro e bianca che rideva dicendo: “Io partecipo alla gara solo per  vincere ci riuscirò con tutti i mezzi. Ho sempre pescato per arricchirmi anzi ho sempre fatto pescare altri ai posto mio. A me non interessa acchiappare questi stupidi pesci. Faccio soldi grazie alla loro vendita!”
Queste parole furono sentite dallo squalo che detestava gli  umani e che capì la differenza tra Marco e Anselmo e decise così  di aiutare il vecchio .
Inseguì la barca di Anselmo e la fece ribaltare  mettendolo fuori gara. Marco incredulo chiese allo squalo di fargli un ultimo favore e disse: “ Potresti farti pescare con la tua famiglia per aiutarmi a vincere ?”
 Lo squalo oramai aveva  fiducia nel vecchio e si lasciò pescare .  
Arrivato a riva con la sua barca, tutti si stupirono quando videro all’interno un’ intera famiglia di squali. Nessuno  era mai riuscito in un’impresa simile. Ovviamente prima di andare a ritirare il premio Marco non si dimenticò degli squali, ritornò da loro, li salutò e liberò tutta la famiglia che da quel giorno ebbe più fiducia negli uomini.                                     
Federico Muzzini

TENTACOLUS
Una notte d’estate Cecino, un famoso pescatore di Vernazzola, mentre stava pescando come al solito davanti alla spiaggia, notò che tra i pesci raccolti nella rete vi era anche una bottiglietta di tè della sua marca preferita. Contento la raccolse insieme al pescato, la mise nella stiva e fece ritorno verso la terra ferma.
Una volta a casa, la mattina successiva, la moglie di Cecino trovò questa bottiglietta e, convinta che l’avesse comprata suo marito, la mise in dispensa insieme alle altre bibite. Quel pomeriggio faceva un gran caldo a Sturla, cosicché Cecino decise di bersi un bicchiere di “qualcosa” con molto ghiaccio per rinfrescarsi.
Senza badare troppo a quello che c’era, prese la prima bibita che trovò in dispensa: era proprio la bottiglietta raccolta la sera prima, l’aprì e ne bevve un bicchiere bello fresco, notò un sapore strano ma non ci fece troppo caso. La notte successiva come tutte le notti tornò a pescare. Era una notte tempestosa e il mare era davvero molto agitato. A causa delle onde il gozzo di Cecino si ribaltò. Il pescatore finì in mare, cercò di lottare il più possibile, ma la fatica lo vinse e si lasciò andare…
In quel momento però si accorse di una cosa strana: riusciva a respirare sott’acqua e le gambe si erano trasformate in tentacoli!
Incredulo, decide di esplorare il fondale marino e scoprì nelle profondità del Mar Ligure una città sommersa: si trattava di “Polipus”, la leggendaria città dei polpi di cui aveva tanto sentito parlare. Volendo capire cosa gli era successo decise di inoltrarsi nella città sconosciuta. Incontrò vari molluschi e pesci a cui chiese il perché  di quello che gli era capitato.
Tutti gli risposero di andare a parlare con Tentacolus, il signore supremo di polpi che abitava nel castello nascosto tra gli scogli.
Arrivato in quel luogo chiese di essere ricevuto e ottenne il permesso.
Una volta di fronte al signore dei polpi, questi rise a più non posso e  infine esclamò: <<Finalmente la mia vendetta è compiuta!!!>>.
Cecino rimase allibito ancora una volta e chiese  a cosa si stesse riferendo.
A quel punto Tentacolus raccontò al malcapitato di essersi vendicato della morte del figlio, avvenuta durante una gara di pesca a Vernazzola durante cui proprio Cecino aveva pescato il polpo più grosso che, purtroppo per lui, era anche il figlio di Tentacolus. Da quel giorno Cecino non fece più ritorno a Vernazzola e fu condannato a vivere per sempre a Polipus e a lavorare per gli animali che prima erano la sua preda più ambita.
Davide Verdina

IL PESCATORE RICCARDO
C’era una volta un bambino di nome Riccardo che amava pescare dagli scogli di Vernazzola. Era tale la sua passione che passava tutta l’estate sul molo e tutti ormai lo conoscevano. La sua silhouette era diventata parte del paesaggio.
Un giorno, mentre era su uno scoglio con la sua inseparabile canna da pesca sentì tirare e pensò:  “Finalmente hanno abboccato” e tutto felice cominciò ad avvolgere il mulinello cercando di tirare su la grossa preda. Sfortunatamente attaccata alla lenza non c’era un pesce ma un topo che lo morse. Il bambino spaventato si mise ad urlare e i pescatori attorno accorsero in suo aiuto, lo portarono all’ospedale G. Gaslini dove gli fecero una puntura di antitetanica.
Riccardo, dopo questa brutta esperienza, non si scoraggiò e convinse i suoi genitori ad acquistargli una canoa così poteva pescare più a largo.
Gli anni passarono e Riccardo crebbe insieme alla passione per la pesca: appena aveva un po’ di tempo dal lavoro prendeva la sua canoa ed andava a pescare, diventando un vero esperto del nostro Mar Ligure: sapeva, che quando il mare era un po’ mosso per il vento di tramontava bisognava andare verso Boccadasse, perché era un po’ riparato, per prendere delle lecce. Se il vento era scirocco invece sarebbe riuscito a prendere delle ziguele.
Diventato adulto si iscrisse ad una gara di pesca in Kayak (che grande emozione) finalmente avrebbe messo in pratica tutti gli anni di passione esperienza. Al termine della gara arrivò primo prendendo una leccia di diciotto chili. Erano tutti emozionati, eccetto lui che era rimasto il piccolo bambino che ama semplicemente pescare.
Ilaria Montobbio

L'UOMO SERPENTE
C’era una volta un giovane pescatore di nome Giobatta Pescetto, che abitava a Sturla, un quartiere genovese affacciato sul mare. Era un ragazzo simpatico di quindici anni, non molto bello, bassetto con la pelle del viso butterata, gli occhi azzurri e i capelli biondi. Il giovane, orfano di entrambi i genitori abitava in un dormitorio solo per pescatori che puzzava di pesce andato a male.
Un giorno mentre stava pescando, vide proprio sotto la sua barca una coda molto lunga. Incredulo si sfregò gli occhi e osservò con più attenzione. Tutto sembrava tornato normale, dopo poco però la grande coda emerse dall’acqua e con grande forza ruppe la chiglia della barca con un unico colpo secco e violento. Giobatta cercò di scappare, ma invano: la lunga e grande coda lo prese e lo portò negli abissi. Trascinato da questa forza sovraumana, il pescatore si stava quasi per arrendere quando si ricordò che nelle sue tasche aveva un gran pugnale, lo prese e lo conficcò con forza nel cuore del serpentone. Il mostro prima di morire gli diede al giovane un colpo con la sua coda che gli lasciò un segno a forma di serpente sulla faccia. Stordito Giobatta si trascinò a riva e qui fu soccorso dagli amici pescatori che avevano assistito alla scena:da quel giorno Giobatta venne chiamato da tutti l’ uomo serpente.
Cristian Murrieta e Filippo Bozzo Vanni




LA PESCA FORTUNATA
Un vecchio pescatore partì una mattina col suo gozzo perché la sera avrebbe organizzato una cenetta con il suo amico Gino.
Nel brillante mare di Liguria il pescatore buttò la rete e aspettò che qualche pesce vi si infilasse.
Passarono ore e ore e il pescatore si addormentò. A un certo punto ci fu nell’ aria una folata di vento che spinse un branco di pesci verso la rete del vecchio pescatore che di sobbalzo si svegliò e,  con tutta la sua forza tirò e sollevò le reti con dentro un sacco di pesci.
L'anziano pescatore molto soddisfatto fece ritorno alla spiaggia di Vernazzola  dove vendette molti pesci e divenne ricchissimo.
 Quando ebbe finito portò gli ultimi pesci a casa con sé e li cucinò per il suo amico Gino a cui raccontò la sua impresa
Matteo Traverso

L'OCCHIATA
Una mattina Simone, un giovane pescatore genovese dai grandissimi occhi sfavillanti, stava navigando con la sua barchetta in mezzo al Mar Ligure, con l’intenzione di catturare qualche pesce.
Ad un certo punto, il ragazzo, sentendo tirare la canna da pesca, riavvolse molto velocemente la lenza e invece che un pesce dall’acqua uscì il grande e possente dio Poseidone che con un movimento fulmineo trascinò negli abissi Simone.
Qualche ora dopo il pescatore si risvegliò all’interno di un enorme palazzo formato interamente da coralli.
Passati lo spavento e lo stupore, il giovane si toccò il volto e con sua grande sorpresa si accorse di avere un paio di branchie al di sotto delle orecchie, inoltre notò di non avere più la canna che gli aveva regalato suo nonno e a cui teneva tanto.
Il ragazzo iniziò a girovagare per le stanze di quello strano edificio quando finalmente, riuscì a trovare Poseidone. Il dio del mare gli disse che, se voleva la propria canna indietro avrebbe dovuto ritrovare il suo tridente smarrito.
Così il povero Simone andò a cercarlo e, per fortuna, dopo molto tempo lo recuperò strappandolo con fatica dai tentacoli di un polpo.
Poseidone allora gli restituì la canna e gli permise di tornare a casa, ma, proprio quando stava per risalire in superficie, il dio utilizzò i suoi poteri per trasformare il giovane in un pesce che prese il nome di quello che è adesso un pesce tipico ligure: l’Occhiata.
Niccolò Gastaldi

IL SOGNO DI GIULIA
C’era una volta una bambina di nome Giulia dagli occhi azzurri come il cielo; aveva nove anni e abitava a Cogne tra i monti.
Aveva visto il mare solo in fotografia e aveva un sogno: andare a trovare suo nonno, un pescatore di Sturla, un quartiere di Genova. Il nonno era vedovo e abitava da solo in una tipica casetta genovese, di colore rosa. Trascorreva il tempo a pescare e a collezionare conchiglie per la sua nipotina sperando un giorno di vederla. La vigilia di Natale il padre e la madre della bambina le dissero che sarebbero andati a trovare il nonno a Genova. Giulia fu felicissima. Appena arrivati, la bambina saltò  in braccio al nonno dicendogli che era molto contenta di stare con lui.
Il giorno dopo il nonno decise di insegnare alla nipotina a pescare; ella apprese subito e divenne molto brava. Passata una settimana mamma e papà dovevano tornare a Cogne, la figlia, però, non voleva più andarsene. I genitori allora decisero che la bimba poteva restare con suo nonno, bastava solo che andasse in una scuola nei dintorni. Dopo quattro anni Giulia decise di ritornare a casa per gli studi, ma con un grande ricordo di quei bellissimi anni trascorsi insieme al nonno nella bellissima Genova.
Elisa Pilot

LE STELLE MARINE
Gerolamo era un giovane pescatore di Sturla, conosciuto da tutti gli abitanti del borgo perché regalava sempre la metà del suo pescato alle persone povere che non potevano pagarlo.
Un giorno ,una ragazza molto bella di nome Giorgia, andò a comprare il pesce dal giovane e i due si innamorarono al primo sguardo.
Una sera di luna piena andarono insieme a pescare non sapendo che ci sarebbe stata una tempesta. Fino a notte andò tutto bene finché non si agitò il mare e iniziò a piovere. Non sembrava una tempesta, ma una tipica mareggiata del Mar Ligure.
Dopo iniziarono a preoccuparsi perché c’erano onde sempre più alte fino a quando il peschereccio non si capovolse. I due cercarono di nuotare ma mancò loro la forza e  morirono.
Il loro amore era così grande che creò una magia: le stelle che cadono in mare si trasformano in stelle marine.
Chiara Macolino

IL PESCATORE ARROGANTE
La città sommersa
C’era una volta un vecchio pescatore che viveva nelle coste di Genova e che ogni mattina si alzava per pescare. Un mattino uscì con la sua barca, ma prese pochi pesci. Ritornato a casa senza mangiare niente, sognò di pescare tanti pesci e di condurre una vita felice. Il giorno seguente ripartì e  fu più fortunato : un pesce molto grande abboccò subito. Il pescatore iniziò a tirarlo su, ma si staccò la lenza e il povero pescatore cadde in acqua. Quando aprì gli occhi vide un mondo sottomarino che non sospettava esistesse. Inizialmente non credette a suoi occhi e non finiva perciò più di strofinarseli per l’incredulità. Non aveva più ossigeno quindi doveva risalire. La mattina successiva tornò con l’attrezzatura subacquea. Vide delle sirene e una città che assomigliava ad Atlantide, era come un centro urbano sotto l’acqua. Dopo un’attenta esplorazione una sera il pescatore ritornò nella città sottomarina con una rete da perché voleva catturare le sirene per ricavare denaro e cibo. Solo una sirena si salvò e per aiutare le sue compagne chiamò tutte le creature del mare più forti per vendicarsi. Il pescatore venne trascinato in mare e scomparve per sempre. Intanto la sirena liberò le sue amiche e insieme a loro tornò a vivere nella meravigliosa città di Atlantide.
Gianluca Contu

IL PESCATORE E LO SCHELETRO PIRATA
C’era una volta un pescatore di Sturla che andava sempre a pescare sulle coste del Mar Ligure.
Aveva sentito dire da alcuni suoi compagni che, sotto un gruppo di scogli a forma di semicerchio, in profondità, c’era un forziere che conteneva ricchezze inestimabili.
Allora, la sera stessa, s’immerse con l’attrezzatura da subacqueo.
Arrivato nel punto indicato dalla mappa che si era portato per orientarsi, vide un luccichio di tanti colori vicino ad un corallo. Da lì uscì uno scheletro che lo raggiunse e gli disse che il forziere era suo perché era un pirata. Aggiunse che, quando la sua nave era affondata nella tempesta, era riuscito a mettere in salvo il tesoro, che ora però si trovava in pericolo per l’arrivo imminente di un vortice. Chiese quindi al pescatore di aiutarlo a salvare il forziere. Il pescatore accettò e, proprio in quel momento, arrivò una terribile tempesta. I due riuscirono ad afferrare la cassa in tempo ed a portarla in superficie. Quando il mare si calmò, il pescatore e lo scheletro diventarono amici e si ringraziarono a vicenda. Lo scheletro diede un po’ di tesoro al pescatore e così quest’ultimo ebbe una ricompensa per l’aiuto offerto.
Alessio Rota

UN PESCATORE SUPER
C'era una volta un bambino molto abile nella pesca che viveva nel piccolo  quartiere genovese di Sturla, affacciato  sul Mar Ligure. Mario, così si chiamava, era  molto  gentile  e  autonomo,  ma per sfortuna povero. I suoi genitori lo avevano  abbandonato  in un orfanotrofio.
Un giorno  mentre pescava gli comparve  davanti un pesciolino  parlante   a cui raccontò il suo  triste passato. Il pesciolino, dopo averlo ascoltato con attenzione, gli disse che sarebbe diventato un pescatore bravissimo, uno tra i migliori del mondo.
Quando compì diciassette anni Mario trovò la sua prima fidanzata e dopo tre anni la sposò. I due organizzarono il viaggio di nozze in un bellissimo posto, ovviamente vicino al mare, dove il giovane catturò il pesce più grande che avesse mai visto. Quando tornarono a Sturla ci fu un momento di crisi, il ragazzo allora inventò la pesca in barca. Il giorno dopo la provò e, per fortuna, funzionò.  
A quarant’anni partecipò al campionato mondiale di pesca  e lo vinse.
Quando prese la coppa in mano pensò con gratitudine a quel pesciolino a cui aveva raccontato la sua vita.
Hani Yousra e Francesco Maggi



IL PESCATORE EGOISTA
C’era una volta un pescatore di Sturla la cui casa si affacciava sul Mar Ligure. Era una brava persona, amava la sua famiglia ed era onesto con i suoi colleghi.
Tante volte però aveva sfidato il mare: spesso era uscito a pescare nelle tempeste più violente e in molte occasioni aveva preso più del necessario, depredando di risorse per lui superflue, un generoso alleato.
Il mare si voleva vendicare  di questo oltraggio dandogli una lezione.
Un giorno il figlio lo volle accompagnare e quando furono al largo si scatenò una tempesta violentissima: preoccupato per l’incolumità del figlio cercò di convincerlo a tornare indietro, ma il ragazzo che, come il padre non aveva paura e rispetto per le forze della natura, insistette per proseguire. Presto si alzò un’ onda altissima che li travolse riducendo in pezzi la barca: il pescatore perse i sensi e si risvegliò aggrappato al relitto. Il figlio era scomparso, disperato il pescatore inizio a nuotare in cerca del ragazzo,si immerse molte volte invano. Fino a che non si scontrò contro una parete trasparente. Molte volte colpì la parete con i pugni alla fine si aprì una porticina, il pescatore si ritrovò in una città  sommersa, gli venne incontro un vecchio possente che si presentò come sindaco di Tirrenia e Governatore del Mar Ligure. Il pescatore gli chiese se avesse visto il figlio. Il vecchio gli disse che non solo aveva visto il ragazzo ma che l’aveva imprigionato per dare una lezione al padre poco riconoscente nei confronti del mare. Il pescatore capì di avere agito troppo spesso in modo egoista, chiese perdono al governatore e fu lasciato tornare a casa con suo figlio.
Da quel giorno il pescatore visse in armonia con i suoi familiari e con la natura non abusando delle risorse che generosamente gli venivano offerte.
Marta Felici

IL PESCATORE CARLO
C’era una volta nel golfo di Vernazzola un pescatore povero, ma di animo nobile  che si chiamava Carlo. Egli amava una ragazza ricca ed era ricambiato, ma i suoi  genitori non volevano che si sposassero.
La giovane era promessa sposa ad un uomo ignorante e senza cervello, ma ricco. Un giorno lo zoticone la portò in barca, mentre stava per arrivare una mareggiata  I pescatori del luogo lo avvisarono  dicendogli: "Sei pazzo ? Cosa fai, vuoi farla morire ? La mareggiata è vicina !”
Ma l’uomo non li ascoltò e portò la fanciulla al largo con la barchetta .
Le onde si facevano sempre più alte  finché una travolse la barca e la ragazza finì in mare .Carlo,che vedeva tutto da riva , con tutta la gente che lo guardava, si tuffò e nuotò con tutte le sue forze contro le onde del Mar Ligure che purtroppo lo scagliarono contro gli scogli.
Perse i sensi e affondò . Gli dei del mare si impietosirono e sapendo che il pescatore era nobile di cuore ordinarono ai tritoni di porre in salvo Carlo e la ragazza. Finita la mareggiata i due si trovarono a riva e dopo quel gesto di coraggio i genitori di lei acconsentirono alle nozze.
E del ricco senza cervello non se ne seppe più nulla.
Caterina Rossi   




VIVI PER MIRACOLO
Tutto ebbe inizio il giorno dell'inaugurazione dell'Acquario di Genova.  Era il lontano 1992 e il sindaco stava per iniziare a parlare quando una piccola luce rossa si accese proprio all'altezza della sua tempia. Le guardie del corpo intervennero immediatamente, spingendo il sindaco in avanti. Nel frattempo immersi nella folla due ragazzini di nome Pietro e Lorenzo videro due loschi individui che stavano per raggiungere il luogo dell'attentato e diedero l'allarme. Nell'attico di un alto grattacielo i due ragazzini videro un uomo con il fucile e la lucina rossa riapparire nuovamente sulla tempia del sindaco che spaventato si mise a correre seguito dai due uomini  che avevano nel frattempo indossato un passamontagna. Lorenzo e Pietro fecero loro lo sgambetto. Ora però erano loro ad essere sotto tiro del cecchino che caricò il fucile prese la mira e, con un forte botto il bossolo partì. I ragazzini si spostarono e il proiettile arrivò a terra emettendo un forte sibilo. Sopra il proiettile c’era un conto alla rovescia che segnava dieci secondi: tutti, si allontanarono eccetto Lorenzo e Pietro che coraggiosamente presero la bomba e la lanciarono in mare e l’ordigno esplose in volo. Credettero di essere salvi ma, effettivamente non era vero perché i due uomini inseguirono i due ragazzi i quali riuscirono a salire su un battello per la spiaggia di Sturla. Sfortunatamente i due malviventi capirono la direzione così rubarono un gommone e iniziarono l’inseguimento. Quando il battello arrivò a destinazione fece scendere i passeggeri ma Pietro e Lorenzo notarono che i due omicidi li stavano inseguendo. I due ragazzini cercarono di nascondersi tra gli scogli e fortunatamente scivolarono e trovarono un passaggio o per meglio dire un tunnel mai scoperto e come unica soluzione per non farsi scoprire o peggio per non venire uccisi vi s’infilarono scattanti. Dopo qualche minuto si fermarono istintivamente e capirono che a meno di un metro di distanza da loro c’era un dislivello che sembrava senza fine,  ma a seguirli c'erano i due uomini misteriosi perciò senza via d’uscita si buttarono, , trovando fortunatamente all'arrivo un canale pieno d’acqua che poteva trasportarli per un bel pezzo. Dopo ore arrivarono in un posto incontaminato: ”Siamo salvi!” esclamarono all’unisono ma i guai non erano finiti: vennero dopo poco  nuovamente raggiunti dai due banditi che cercarono di prenderli. Di colpo tutti si fermarono guardando uno stormo di pterodattili con una pinna da squalo e dietro lo stormo anche un vulcano che stava per eruttare. Lorenzo e Pietro scapparono in preda al panico e trovarono un altro canale con la funzione da scivolo e senza pensarci due volte lasciarono i due uomini mascherati che erano stati aggrediti dai pterodattili. Dopo poco spuntarono nel mare di Sturla, mentre, ne erano certi, i due briganti morirono sbranati dai pterodattili e inceneriti dal magma incandescente. 
Lorenzo Burlando e Pietro Lam Melodia





LA NAVE SARACENA
Una mattina Giorgio si svegliò solo, senza i suoi genitori accanto. Vedeva i gabbiani volare nel cielo azzurro e i cani senza più un padrone che andavano in giro. Suo padre era partito per una spedizione militare contro i pisani, mentre sua madre era morta di peste otto anni prima.
Ad un certo punto sentì un rumore di remi che proveniva dalla spiaggia, diede allora un’occhiata al mare e si accorse che si trattava di una nave saracena perciò incuriosito s’incamminò verso la spiaggia. Si nascose dietro un ulivo a vedere di chi era quella imbarcazione e, mentre la stava fissando, comparve dietro di lui un pirata saraceno alto, armata di spada e di coltello. L’uomo lo prese alle spalle, così velocemente che il bambino non ebbe il tempo di guardarlo in faccia.
Lo sconosciuto pronunciava parole incomprensibili, ma dal tono con cui parlava Giorgio capì che lo voleva portare sulla sua nave.
Portato in coperta Giorgio fu legato all’albero maestro per un po’ di tempo finché da una grossa cabina uscì un uomo barbuto armato fino ai denti che si avvicinò a lui e pronunciò altre parole sconosciute.
Scese la notte e il bambino era ancora legato.
Ad un certo punto vide nell’oscurità un coltello abbandonato vicino a lui; avendo le mani legate non gli restava altro che prenderlo con i piedi, si tolse le calze e con le punte delle dita lo afferrò.
Con il coltello in mano riuscì a tagliare la corda e a slegarsi. In libertà il bambino si buttò in acqua, poi con una semplice nuotata raggiunse la riva.
Affannosamente corse verso casa sua senza mai voltarsi in dietro.
Una volta arrivato a Genova trovò dei soldati che facevano la guardia notturna  e li avvertì dello sbarco dei Saraceni .
I pirati colti di sorpresa non poterono far altro che battere in ritirata lasciando Genova libera.
Giovanni D'Erba e Pietro Vinciguerra


IL PESCATORE GIOVANNI
C’era una volta un pescatore di Sturla di nome Giovanni che amava moltissimo il suo mare e la sua barca,ma aveva un difetto:continuava a pescare pur non avendo bisogno di tutta quello che catturava.
Improvvisamente saltò fuori dal mare un pesciolino dicendo :”Se continui così non ci saranno più né pesci né altri esseri marini nel Mar Ligure, lasciaci in pace”. Il pescatore replicò seccato: “Non m’importa se non ci saranno più pesci nel Mar Ligure , io voglio vincere il titolo di “Pescatore di Sturla dell’anno”.
Il pesciolino, non sapendo più cosa fare, saltò di nuovo in mare e, raggiunti gli altri pesci, disse loro: “Niente da fare, lui non molla, ma state tranquilli perché ho un piano: prendete l’amo di Giovanni e agganciatelo ad uno scoglio”.
I pesciolini gli diedero ascolto. Giovanni in grande difficoltà si chiese:”Perché la lenza tira così forte,forse c’è un pesce grosso che ha abboccato!”. La canna del pescatore si ruppe e l’uomo che non sapeva come affrontare il problema, arrabbiato disse:”E adesso come faccio? Che cosa porto alla gara?”. Il pesciolino saltò fuori dall’acqua e cantò al pescatore:”Io ti avevo avvisato, ma tu non mi hai ascoltato, ma, visto che sei così disperato, un pesce di cartone ti sarà donato.” Il pescatore lo ringraziò e andò alla gara. Ed ecco che davanti ai giudici improvvisamente il pesce di cartone si trasformò in una miriade di pesciolini veri. Giovanni risultò il vincitore e al momento della premiazione prese la parola e disse: “Non so come ringraziarvi, però vorrei dire una cosa: non bisogna pescare troppo nel mare, soprattutto in quello Ligure, perché la quantità di pesci diminuirà sempre di più, quindi mi raccomando pescate con moderazione”. E tutti i presenti alla gara gli diedero retta. Da quel giorno il pescatore Giovanni ogni volta che andava per mare cantava: “Pesciolino pesciolino, ti ringrazio per il mio cuore marino!” 
Sofia Dolcini       
  

LELE, IL PESCATORE GENEROSO
C’era una volta un giovane pescatore di nome Lele, un ragazzo solitario che amava pescare. Voleva molto bene alla sua famiglia ma a volte preferiva stare da solo. Lele adorava gli animali, soprattutto i delfini e la natura.
 I suoi amici spesso lo deridevano,proprio per il suo carattere schivo. In realtà Lele era molto sensibile e nascondeva un segreto: una grande amicizia con un branco di delfini. Per questo passava molto tempo in mezzo al mare con la sua barca; lontano da tutti, ma felice di stare con i suoi amici acquatici.
In particolare era molto legato ad un cucciolo, che aveva chiamato Sole, perché sembrava sempre raggiante di felicità. Un giorno, mentre giocava con Sole, sentì da lontano delle voci provenienti dal molo.
Subito capì che erano i suoi amici che chiedevano aiuto, perché la loro barca stava affondando tra gli scogli. Allora Lele chiese a Sole e al suo branco di intervenire in loro soccorso. Una volta tratti in salvo, i ragazzi chiesero scusa a Lele e da allora non lo presero più in giro per la sua timidezza.
Beatrice  Rinaldi

IL DRAGO D'ACQUA
Tanto tempo fa, alle origini del mondo, c’ era un drago che viveva sul cocuzzolo di una montagna. Il drago era molto grande e aveva il corpo simile a quello di un serpente ma cento volte più lungo e largo. Il drago aveva tante zampe e due occhi tondi e neri. La bestia era molto docile e viveva in armonia con la montagna. Purtroppo arrivò una lunga stagione di siccità. La montagna e tutte le cose che lo circondavano iniziarono a morire: gli alberi si seccarono, i fiori smisero di germogliare, l’erba smise di crescere e la terra si inaridì e cominciò a spaccarsi.
Il drago,  per sopravvivere incominciò a mangiare le bacche e i germogli che trovava, ma quando l’intera vallata divenne un deserto la belva cominciò a soffrire la fame e provò pena per la vegetazione. Il drago sorvolò tutto il deserto in cerca di qualche pianta sopravvissuta ma invano, allora raggiunse il mare, vi si tuffò e ingoiò più acqua possibile per trasportarla fino alla montagna. Il drago incominciò a spargere l’acqua, girando in tondo e salendo e scendendo ad alta velocità.
Dopo tre giorni di pioggia le piante ricominciarono a crescere.
Anche oggi vola in soccorso delle piante che hanno bisogno di acqua, infatti quando piove le nuvole diventano nere come gli occhi del drago e il vento soffia forte come lo strisciare della sua coda mentre è in volo.
Giovanni D’Erba

C’era una volta, un vecchio pescatore che viveva in riva al mare. L’uomo amava pensare e ripensare ai bei tempi andati, quando con la sua barchetta partiva per lunghi viaggi. Arrivato in posti fantastici, su isolette deserte, pescava tutto il giorno. Quando tornava a casa faceva una bella cena invitando gli amici. Giovanni, così si chiamava questo vecchio pescatore pensava così tanto che si addormentava. Un giorno gli apparve in sogno uno gnomo che diceva:”Giovanni Giovanni stai attento, perché su un’ isola piccolissima che si trova a trentun Km dalla costa proprio davanti a te. In mezzo al mare il diavolo ha trovato la mappa del tesoro che da generazioni è custodita in quell’ isola. Per fortuna è nascosto bene: ha una porta sul mare, stregata e ora appartiene a te. Corri, parti prima che sia troppo tardi”. Appena si svegliò Giovanni partì; era notte fonda ma a lui non importava. Sulla sua barchetta di legno si avventurò, voleva proteggere il tesoro a tutti i costi. Viaggiò giorno e notte senza mai fermarsi. Quando finalmente arrivò a destinazione trovò l’isola deserta, ma l’uomo non si scoraggiò e riuscì a scorgere una luce rossa e udì un fruscio. Si avvicinò lentamente e da lì seguì un essere strano, che entrò in una casetta. Non riuscì a vedere il resto perché qualcuno da dietro gli stava sfiorando la spalla. Girandosi Giovanni vide lo gnomo che gli era apparso in sogno lo seguì e arrivò in un’altra casetta. Lo gnomo invitò il pescatore ad entrare e gli raccontò la storia del tesoro e gli disse che lui era il protettore e doveva assolutamente nasconderlo. Il mattino seguente iniziò la “ricerca” e Giovanni si incamminò per tutta l’isola; finché non osservò bene un pesce che lui conosceva molto bene. Guardandolo con attenzione notò che il ventre dell’animale era gonfio come se avesse inghiottito qualcosa, così lo pescò e lo aprì in due; vide una pergamena con un nastro rosso a puntini neri. La carta era di un giallo cupo come se fosse lì da tanti anni. Il pescatore la aprì e vide che era la mappa del tesoro perduto. La portò allo gnomo e la mattina seguente partirono per un lungo viaggio. Dopo tante avventure e lotte incontrarono il diavolo. Venne organizzata una gara dall’aiutante del diavolo e dallo gnomo. Il cattivo aveva la forza ma Giovanni l’astuzia, e perciò vinse senza farsi neanche un graffio. Il pescatore potè così proseguire e trovare il tesoro. Una ragazza bellissima, di nome Emma, rimasta prigioniera del diavolo. Appena Giovanni ed Emma si videro si innamorarono, infatti dovete sapere che anche Giovanni in realtà era un magnifico ragazzo vittima di un sortilegio. Giovanni ed Emma si sposarono e VISSERO PER SEMPRE FELICI E CONTENTI.
Chiara Casucci

2 commenti:

  1. MI è PIACIUTO MOLTO IL RACCONTO DI HANY E FRANCESCO PERCHè è MOLTO COINVOLGENTE E INTERESSANTE

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  2. questi testi sono molto belli ,entusiasmanti perche sono stati ideati da dei ragazzi.

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